Il mondo dell’energia dopo Glasgow COP26

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La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021, conosciuta anche come COP26, svoltasi a Glasgow ha sottolineato l’importanza di attuare quanto prima la transizione energetica.

Lo sforzo che le economie del mondo stanno sostenendo per venir fuori dalle criticità della recessione causata dal lockdown, che in maniera diversa ha interessato i Paesi del mondo, è tale da indurre a una nuova modulazione l’impegno per il contenimento delle emissioni climalteranti, divenuto più concreto e realistico.

Durante la COP26 di Glasgow è emerso in tutta evidenza che il processo di decarbonizzazione a cui tutti aspirano appare di difficile realizzazione nei tempi previsti.

Le economie emergenti faticano ad affermarsi poiché non sono ancora in grado di potersi permettere un contenimento del loro fabbisogno energetico conseguente a una riconversione energetica basata sul rapido abbandono del carbone come fonte primaria.

Anche il mondo industriale sta vivendo una variazione di prospettiva importante. Nel periodo precedente al Covid, soprattutto in Europa, è stata tenuta alta la bandiera del contrasto al Climate Change mediante un aumento della quota di elettrificazione e un incremento sostanziale della quota di energia rinnovabile. Ci si è poi resi conto che, stando alle tecnologie disponibili, con le rinnovabili ci si può spingere fino a un certo punto e che il loro incremento è una condizione necessaria ma non sufficiente. Persistono irrisolti i problemi legati alle tecnologie di accumulo, necessarie per gestire la discontinuità delle produzioni solari ed eoliche.

SOLUZIONE IDROGENO

Recentemente, si è aperto un ampio confronto sull’idrogeno verde quale vettore energetico di supporto all’accumulo da rinnovabili. Appare evidente che, per diventare non solo una promessa ma una realtà, l’idrogeno deve essere prodotto senza emettere CO2 con tecnologie idonee e dal costo compatibile con la produzione industriale.

Si sta quindi attraversando una fase in cui non prevale una tecnologia sulle altre e le possibilità sono ancora tutte in gioco. Ma siccome bisogna conciliare crescita e minori emissioni, affinché la missione sia possibile occorre puntare a un mix di soluzioni tecnologiche concrete.

Non a caso oggi si parla molto di idrogeno “brown”, vale a dire idrogeno prodotto con tecnologie non green che però si avvalgono dei sistemi di cattura della CO2 nel sottosuolo. Parimenti si è riparlato di ritorno al nucleare, in particolare all’ipotesi di centrali di nuova generazione, anche se probabilmente l’Italia è fuori da questa partita, dopo anni di blocco degli investimenti in questo settore per effetto del Referendum che decise il suo abbandono.

ITALIA: HUB EURO MEDITERRANEO

La transizione energetica è un percorso lungo, complesso e costoso e pertanto non è possibile scommettere su una sola tecnologia ma su politiche globali e nazionali che convergano nell’obiettivo di un uso sapiente di tutte le fonti energetiche e un sapiente bilanciamento delle tecnologie disponibili.

Il PNRR è una opportunità anche per definire il ruolo del Mezzogiorno nel quadrante della transizione energetica. Il Sud produce il 50% circa del totale dell’elettricità da fonti rinnovabili, come eolico, solare, bioenergie e geotermica. Puglia, Sicilia e Campania registrano infatti le percentuali di produzione energetica verde più significative.

Diventa, quindi, cruciale failitare gli scambi di energia Sud-Nord anche attraverso un adeguato potenziamento delle reti elettriche nazionali, da collegare mediante interconnessioni transfrontaliere, nonché collegamenti in cavo sottomarino.

Un piano di sviluppo delle infrastrutture di rete è indispensabile per trasformare il nostro Paese in un hub del transito dell’energia prodotta da fonte rinnovabile e destinata ai consumatori europei, dando origine a una supergrid euromediterranea dell’energia pulita.

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